La delibera si rivela importante nella parte in cui fissa principi cardine nella rotazione del personale stabilendo limiti sia soggettivi che oggettivi alla sua realizzazione Si legge infatti ai punti 5, 6, 7, 8 della delibera n. 13 che:
La rotazione incontra dei limiti oggettivi, quali l’esigenza di assicurare il buon andamento e la continuità dell’azione amministrativa e di garantire la qualità delle competenze professionali necessarie per lo svolgimento di talune attività specifiche, con particolare riguardo a quelle con elevato contenuto tecnico. Pertanto non si deve dare luogo a misure di rotazione se esse comportano la sottrazione di competenze professionali specialistiche da uffici cui sono affidate attività ad elevato contenuto tecnico;
– la rotazione incontra dei limiti soggettivi, con particolare
riguardo ai diritti individuali dei dipendenti
soggetti alla misura e ai diritti sindacali. Le misure di
rotazione devono contemperare le esigenze di tutela
oggettiva dell’amministrazione (il suo prestigio, la sua
imparzialità, la sua funzionalità) con tali diritti;
– i criteri di rotazione devono essere previsti nei PTPC
e nei successivi atti attuativi e i provvedimenti di trasferimento
devono essere adeguatamente motivati.
Sui criteri generali di rotazione deve essere data informazione alle organizzazioni sindacali. Tale informazione consente alle organizzazioni sindacali di presentare proprie osservazione e proposte, ma non apre alcuna fase di negoziazione in materia. Con la legge invece si definisce, una volta e per tutte, l’ammissibilità alla deroga totale alla rotazione degli incarichi nelle ipotesi di riorganizzazione della struttura dell’Ente, assegnazione di deleghe ai dirigenti delle avvocature civiche e di polizia municipale, il cui processo di riordino abbia dato vita ad una riduzione effettiva delle posizioni dirigenziali.
Gli interrogativi che pone la norma
A stretto rigore, la norma pone alcuni interrogativi sulla concreta operatività nel caso pratico in quanto da una parte attribuisce una grande discrezionalità alle p.a. di operare una riduzione delle posizioni dirigenziali – che a modesto parere non verrà effettuata dalle amministrazioni, nell’attesa della riforma della p.a. – e dall’altra potrebbe costituire il modo elusivo per evitare le rotazioni degli incarichi dirigenziali nelle ipotesi in cui le amministrazioni ravvedino – in rapporto alle dimensioni dell’ente – che la riorganizzazione non consenta l’obbligo di rotazione.
Ma se è così, la norma legittimerebbe un maggiore potere di controllo da parte della RGS e MEF da una parte e dell’ANAC dall’altra. Poiché, se il fine della norma è evitare duplicazioni di posizioni dirigenziali operando un taglio in linea di continuità con la legge 124/2015 (sebbene la legge di stabilità pur avendo una connotazione “finanziaria” non può costituire la giusta sedes materiae per la continuità della legge Madia) è anche vero che tutte quelle amministrazioni che effettuano una riorganizzazione conferendo incarichi aggiuntivi ai dirigenti delle avvocature civiche/comando di polizia locale senza realizzare risparmi di spesa pubblica, si esporrebbero inevitabilmente alla scure della Corte dei conti, che interverrebbe a gamba tesa nel processo di riorganizzazione, contestando la violazione della legge senza il risparmio effettivo conseguito.
Stesso identico trattamento sarebbe poi riservato dall’ANAC, in ragione sia dello scollamento tra la norma e la pratica amministrativa, sia per il contrasto con i P.T.P.C. che andrebbero adeguati in sede di riorganizzazione da parte delle p.a. Ecco perché è legittimo pensare che, in linea di continuità con la delibera n. 13/2015, l’ANAC intervenga sul punto, facendo chiarezza sulla portata applicativa della norma e sulla concreta operatività della deroga introdotta dall’art. 1 comma 221 della l. 208/2015.
Conclusioni
La norma generale introdotta nella legge di stabilità anziché nella sede naturale di una legge speciale, come sarebbe stato logico aspettarsi, apre la strada ad una pericolosa interpretazione della legge 190/2012 anteponendo i risparmi della spesa – tutta da verificare nella sua compatibilità ed effettiva attuazione – alla rotazione degli incarichi, prima misura nella prevenzione della corruzione e della illegalità stabilità dalla legge
190/2012 e dai PNA 2013 – 2016 nonché da ultimo il PNA 2015 adottato con determinazione ANAC n. 12/2015.
L’eccessiva discrezionalità degli enti – riordino delle posizioni dirigenziali al fine di evitare duplicazioni – si scontra con la natura cogente della norma anticorruzione:
la norma inevitabilmente amplia il potere di autonomia organizzativa delle amministrazioni pubbliche, finendo per “aggirare legittimamente” il costrutto normativo, dando vita ad un ossimoro perverso. È pertanto legittimo aspettarsi che l’ANAC intervenga a piè pari sul punto al fine di dirimere immediatamente la querelle interpretativa, anche allo scopo di evitare che gli sforzi fatti sino ad oggi sul fronte della prevenzione della corruzione attraverso la predisposizione e l’ attuazione delle misure di prevenzione non resti vana e cada nell’oblio.
La concreta operatività della norma poi – in evidente contrasto con la legge speciale dell’avvocatura 247/2012 – lascia numerosi dubbi di applicazione, determinando la lesione al principio di specialità della legge, in ragione anche del necessario coordinamento di questa con il riordino della dirigenza stabilita dalla legge delega Madia n. 124/2015.
Nicola Dimitri Maria Porcari
(articolo tratto da “Risorse Umane” n.2 anno 2016 – Maggioli Editore)