Le linee guida si rivelano innovative, tra le altre cose, proprio per questo e sotto un duplice aspetto:
- Rispetto della disciplina anticorruzione nella previsione dei fabbisogni, all’uopo dotando l’Ente di professionalità in grado di perseguire gli obiettivi strategici che le Amministrazioni pubbliche si prefiggono di realizzare all’inizio dell’anno con l’adozione del PTPCT, obiettivi che, in quanto trasversali, finiscono per confluire nei documenti programmatici dell’Ente (Dup, piano delle performance, piano del fabbisogno, piano delle azioni positive, piano della digitalizzazione);
- Attuazione della novella anticorruzione nell’ambito delle procedure di reclutamento del personale al fine di improntare le assunzioni al rispetto dei valori del merito, della trasparenza e della legalità, sfruttando i criteri di prevenzione sanciti nei piani di prevenzione ed applicandone le relative misure. Su questo aspetto si incardinano anche i principi sanciti nella Direttiva n. 3/2018 ut sopra citata.
Quanto al primo aspetto, certamente le linee guida Madia continuano a percorrere la strada già tracciata con l’adozione dei Piani anticorruzione, e definiti più propriamente con la Delibera Anac n. 1309 e 1310/2016 nella parte in cui hanno fissato l’obbligo della realizzazione di obiettivi strategici in materia di anticorruzione, quali obiettivi misurabili e valutabili, a valenza trasversale per la intera Amministrazione pubblica, che come tali debbono applicarsi a tutti i procedimenti di rischio dell’Ente, tra i quali certamente su tutti spiccano le assunzioni e le procedure concorsuali.
A tal proposito, infatti, il Piano anticorruzione reca un collegamento con i documenti programmatici dell’Ente più importanti quali il Dup e il Piano delle Performance, al fine di garantire, attraverso la fissazione di obiettivi specifici anticorruzione per i Dirigenti correlati ad autonomi poteri di spesa, l’attuazione delle misure anticorruzione, in quanto trasversali ed a cascata sull’Ente.
L’obiettivo prefisso non puo’ dirsi certamente nuovo agli specialisti della materia: non sarà sfuggito infatti il collegamento con la Circolare della Funzione Pubblica n. 1/2013 che al paragrafo 2.3 già prevedeva, a supporto dell’RPCT in particolare ed in virtu’ del delicato ruolo da questi ricoperto all’interno dell’Amministrazione, l’assegnazione di un adeguato supporto mediante l’assegnazione di appropriate risorse umane, strumentali e finanziarie, nei limiti delle disponibilità di bilancio , la cui appropriatezza andava definita non solo in senso qualitativo ma anche quantitativo, destinatarie di specifica formazione.
Non è un caso che molte amministrazioni abbiano proceduto ad istituire idonei capitoli di bilancio per l’attuazione della disciplina anticorruzione, al cui interno sono confluiti i fondi per la formazione, per la tutela dei whistleblowers, per l’acquisto di tecnologie informatiche atte ad eliminare il più possibile profili di discrezionalità dell’Ente.
Tuttavia la Circolare n. 1/2013 si poneva e si pone in contrasto con la Legge 190/2012 nella parte in cui prevedeva, incidenter tantum, che l’approvazione (e quindi l’attuazione) dei piani di prevenzione non fosse delegabile all’esterno (art. 1 comma 8 capoverso) e quindi fosse senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.
Le linee guida “dimenticano” questo aspetto ed intervengono dall’esterno, se vero che invitano le Amministrazioni pubbliche a dotarsi di persone qualificate che rispettino l’intera disciplina anticorruzione, garantendo l’opera dell’RPCT attraverso la interlocuzione delle competenze, facilitando di fatto la realizzazione di quegli obiettivi strategici in materia di anticorruzione e trasparenza che l’Ente si prefigge all’inizio di ogni anno (gli obiettivi strategici sono contenuto necessario del Piano).(In “Manuale teorico – pratico in materia di anticorruzione , trasparenza ed appalti” Edizione Maggioli 2018, a cura di Nicola D.M.Porcari e Rossana Turturiello)
L’innalzamento dell’asticella della prevenzione della corruzione evidenzia in realtà la strategia del Governo uscente, caratterizzato nel riconoscimento di maggiori poteri all’Autorità anticorruzione: ovvero spingere gli Enti a garantire l’attuazione della novella, dotandosi di figure altamente specializzate e competenti, capaci di rendere l’Azienda pubblica una campana di vetro e di legalità.
Il secondo punto invece ne costituisce il logico prodromo atteso che le assunzioni dovrebbero essere tutte governate dal rispetto dei principi di legalità e trasparenza, all’uopo adoperando le misure di prevenzione indicate all’interno del Piano anticorruzione. Migliore è la mappatura del processo, più efficaci sono le misure di prevenzione, minore è il rischio che si verifichino eventi corruttivi.
E’noto infatti che le assunzioni di personale costituiscono da sempre oggetto di interessi trasversali tanto della politica quanto della dirigenza, la cui egida spinge il titolare della procedura all’acquisizione di un notevole potere all’interno dell’Ente, tale da giustificare poi l’attuazione della rotazione delle cariche dirigenziali per evitare la realizzazione di sacche di potere e di incrostazione delle poltrone. Per questo motivo, infatti, la legge 190 prima e il PNA 2013 poi annoverano i concorsi e le prove selettive in generale per l’assunzione di personale nel novero dei processi ad elevato rischio corruttivo, come stabilito all’art. 1 comma 16 della legge anticorruzione.