In punto di diritto in verità questa seconda fase sarebbe facilmente governabile attraverso l’adozione di una serie di misure uguali per tutti gli Enti ovvero:
- Adozione di un bando di selezione che premi il merito e la competenza, attraverso la previsione di titoli di specializzazione e qualifiche mirate;
- Previsione di titoli di elevata specializzazione, quali il dottorato di ricerca (è la stessa direttiva concorsi n. 3/2018 a porre l’accento sulla importanza di questo titolo, laddove ovviamente adeguato alla professionalità richiesta) senza privilegiare troppo la carriera interna e comunque, laddove possibile, valutare solo l’anzianità di servizio che si sia contraddistinta per merito nel tempo (almeno tre anni, secondo anche la nuova disciplina in materia di progressioni verticali)
- Istituzione di una commissione di concorso con membri esterni e laddove non sia possibile, circoscrivendo la scelta ad un Presidente esterno, previa validazione della scelta da parte dell’Autorità nazionale Anticorruzione.
- Pubblicazione di un avviso di selezione per componenti la Commissione, con fissazione di parametri al pari per esempio dei componenti OIV, distinguendo anche per anzianità di servizio e titoli oppure in base alla carriera dirigenziale seguita;
- Preclusione alle commissioni di concorso di soggetti che siano stati condannati per uno dei reati previsti ed annoverati nel Capo I, Titolo II, Libro II del Codice penale, nel rispetto dell’art. 35 bis del Dlgs 165/2001;
- Svolgimento delle procedure in diretta streaming con registrazione audio e video della selezione scritta e di quella orale;
- Sorteggio delle domande a quiz attraverso l’utilizzazione di banche dati ministeriali e previsione di tracce scritte sui grandi temi basilari e di recente importanza, delimitando il campo di azione agli ultimi 5 anni, privilegiando non solamente conoscenze teoriche ma anche pratiche al fine poi di consentire la immediata fruibilità dell’assunto già dal momento dell’assunzione.
In questa maniera certamente si riuscirebbe a governare tutte le procedure di selezione attraverso parametri certi.
Tra le soluzioni da adottare, certamente ve ne sono alcune che intervengono sul piano della trasparenza, incrementandone i valori.
La risposta proviene tanto dalla legge quanto dalle linee guida: infatti l’art. 16 del decreto legislativo del 14 marzo 2013, n. 33 rubricato “Obblighi di pubblicazione concernenti la dotazione organica e il costo del personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato” prevede la necessità della pubblicazione del Piano del fabbisogno del personale in quanto contenente pressoché tutte le informazioni richiamate, ai fini della pubblicazione. La comunicazione del Piano al Sistema informatico centrale di cui all’art. 60 del dlgs 165 può rappresentare lo strumento di assolvimento ai predetti obblighi rendendo tale comunicazione visibile in area pubblica.
Si è dell’avviso, sulla scorta della esperienza propria delle best practices avviate con la pubblicazione dei Piani prevenzione imposte dall’Anac, che anche il Piano del fabbisogno del personale debba necessariamente essere preceduto dalla pubblicazione all’esterno e partecipato alla discussione degli stakeholders, atteso che trattandosi di un documento triennale strategico, anche esso debba essere sottoposto alla validazione pubblicistica propria di tutti i documenti di tale natura.
Del resto cio’ accade già per il Piano triennale delle opere pubbliche – la cui disciplina è stata modificata di recente dal D.M. Trasporti n. 14 del 18 gennaio 2018 e che prevede la pubblicazione per 60 giorni all’albo pretorio-, accade con il Piano anticorruzione e dovrebbe accadere pertanto anche con il Piano triennale del fabbisogno ovvero di ogni sua modifica. Come accade del resto anche per le varianti.
E’ indubbio evidenziare che se il cittadino “è il perno dell’erogazione dei servizi e tra le sue prerogative spiccano la fruibilità effettiva dei servizi on line, la tracciabilità delle sue pratiche, la possibilità di esprimere insoddisfazione e fare proposte migliorative”(In “Nuova performance condivisa, accanto agli Oiv i professionisti della comunicazione”, a cura di Sergio Talamo, in “Il quotidiano degli Enti locali” del 11 giugno 2018.) a maggior ragione la fruibilità on line di un servizio ne consentirebbe meglio la verifica della adeguatezza delle risorse richieste rispetto agli obiettivi fissati dall’Amministrazione, nel rispetto delle Linee programmatiche di mandato approvate all’inizio del mandato politico.
Questa potrebbe essere ovviamente lo strumento per “partecipare” la cittadinanza dei profili da assumere all’uopo accettando consigli per assunzioni mirate e specifiche, che toglierebbero al tempo stesso alla politica quel potere di discrezionalità che mal si adegua alla vigente situazione amministrativa e garantendo dall’altra quella elevata vigilanza e controllo dell’azione amministrativa da parte del cittadino, che costituisce di fondo la base del controllo di qualità dei servizi.
Il futuro degli Enti pubblici ci dirà quanto penetrante siano state le linee guida e quanto sentita sia oggi la disciplina anticorruzione, al di là della visione adempimentale di molti burocrati.