
Pillola n°1.
A cura di Nicola Dimitri Maria Porcari.
Alla fine di febbraio di questo anno l’Autorità nazionale anticorruzione ha reso noto di aver adottato le “Linee Guida in materia di Codici di comportamento delle amministrazioni pubbliche”. Tanto è avvenuto con Delibera n. 177 del 19 febbraio 2020. Il Codice di comportamento era stato posto in consultazione sul sito dell’Autorità la metà di dicembre e per un mese al fine di ricevere le osservazioni degli utenti esterni. A parere di chi scrive, la gestazione è stata travagliata se vero che il Codice porta ritardo di oltre un anno.
Infatti, già il PNA 2018 aveva rimarcato la necessità di adottare nuove linee guida “nei primi mesi dell’anno 2019, anche per sottolineare che il lavoro necessario per la formazione del Codice di comportamento, pur strettamente connesso, è ben distinto da quello necessario per la formazione del PTPC”(PNA 2018 – pag. 26 sul sito www.anac.it).
Di talchè, alcune amministrazioni avevano soprasseduto dall’adozione di propri codici di comportamento, nell’attesa di un documento che nella sostanza è stato adottato oltre un anno dopo. I Codici di comportamento, va detto, non rappresentano solo una garanzia di imparzialità ma anche un fondamentale strumento di prevenzione della corruzione ed integrità.
Ovvero, a bocce ferme, oggi è lo strumento di garantire una tutela preventiva nelle more della definizione del processo penale e se adeguatamente “pensato” tra tutte le parti interessate, una leva importante per il ripristino di quella legalità molto spesso dimenticata. Per onestà intellettuale occorre rimarcare il complesso lavoro svolto dall’Autorità nella predisposizione del documento, baluardo di quella legalità preventiva necessaria a salvaguardare l’integrità della PA, nelle more della definizione dei processi penali. Infatti, all’inizio di ottobre dello scorso anno è stata presentata una relazione dal Gruppo di lavoro all’uopo costituito per lo studio e la disamina dei codici adottati dagli Enti pubblici, disseminati sul territorio italiano, che ha portato a formulare una serie di proposte migliorative per la redazione del Codice di comportamento.
Tanto anche al fine di comprendere lo stato di attuazione del DPR 62/2013, all’indomani delle numerose modifiche di legge – ben tre- e coordinare le attività degli Enti. Nella fattispecie, è stata ribadita la necessità di estendere i doveri di comportamento anche a: funzionari onorari, soggetti che svolgono attività di pubblico interesse, componenti degli organi di indirizzo politico (anche di carattere elettivo), titolari di incarichi amministrativi di vertice e di uffici di diretta collaborazione; di porre maggiore attenzione sui doveri del funzionario al di fuori delle attività di servizio, in particolare riguardo la tutela dei dati e delle informazioni detenute dall’amministrazione nell’era delle tecnologie informatiche; da ultimo di esemplificare la tipologia dei comportamenti concreti (positivi, negativi, incoraggiati, vietati, etc.)(Comunicato stampa del 7 ottobre 2019 sul sito www.anac.it) Il Codice, nella sua stesura finale, presenta diversi ed interessanti spunti di novità che verranno presi in questa trattazione e che, per facilità, verranno analizzati in pillole.
I° ELEMENTO
Prevedere all’interno del codice di comportamento il dovere del dipendente interessato dal procedimento penale di segnalare l’avvio del procedimento penale nel quale si è coinvolti. Questa prima previsione risponderebbe alla ricostruzione storico e fattuale effettuata dal Gruppo di lavoro sul significato del dovere e della obbligazione morale. Il dovere inteso come fedeltà allo Stato e servizio esclusivo in favore della nazione italiana, richiamata dalla stessa Costituzione (“Il concetto di dovere:profili definitori essenziali” in Relazione del gruppo di lavoro sulle Linee Guida Anac in materia di codici di comportamento dei dipendenti pubblici.). L’atto dovuto, quale conseguenza del proprio rapporto con la PA, potrebbe essere tra gli altri quello di informare il proprio datore dell’azione penale a proprio svantaggio.
Questa previsione,, come vediamo, è ampia perché fa riferimento a tutti i reati- e non solo quelli strettamente richiamati dalla L.190/2012 che è la fonte prodroma al codice di comportamento- nonché a tutti i procedimenti penali. Questa ipotesi, assente negli attuali codici ed in parte stridente con alcuni CCNL- che fanno riferimento per esempio al rinvio a giudizio- consentirebbe di contraltare di monitorare ab initio ogni situazione penale che interessa il dipendente, al fine di attivare poi le misure preventive all’interno dell’Ente. Il consiglio pratico è quello quello di uniformare pertanto tutti gli atti interni- in primis il piano di prevenzione della corruzione e trasparenza, il codice disciplinare, il piano delle performance- al fine di stabilire che la comunicazione obbligatoria da parte di tutti i dipendenti venga valutata quale strumento innovativo per esonerare il dipendente dall’adozione di atti che possano arrecare pregiudizio all’attività dell’Ente.
Per esempio, inserire l’abuso di ufficio tra i reati oggetto di obbligatoria comunicazione e rotazione straordinaria già dal momento della comunicazione della informazione di garanzia. In questa maniera si consentirebbe quella tutela preventiva cui anela la legge.