Le nuove linee guida in materia di Codici di comportamento delle Amministrazioni pubbliche. Il collegamento PTPCT- Codice comportamento.

Pillola n°2.
A cura di Nicola Dimitri Maria Porcari.

Nella trattazione del primo punto riguardante l’adozione delle “Linee Guida in materia di Codici di comportamento delle amministrazioni pubbliche” approvate con Delibera n.177 del 19 febbraio 2020 è stata analizzata la necessità di prevedere, all’interno del codice di comportamento, il dovere del dipendente interessato di segnalare l’avvio del procedimento penale nel quale è stato coinvolto.
Oggi, invece, analizzeremo un altro argomento degno di nota richiamato nelle citate Linee Guida che, in quanto tale, deve essere presente nel Codice ovvero

II° ELEMENTO
Il Collegamento del Codice di Comportamento con il PTPCT
Questa previsione, che qualche commentatore ha qualificato come superflua, in realtà costituisce un aspetto di non poco momento se vero che ogni comportamento illegittimo deve essere inquadrato nell’ambito della più ampia disciplina recata nel Piano anticorruzione, al fine di evitare di creare due documenti disallineati ed acefali. Questa indicazione, infatti, è confluita nelle LG in argomento a seguito dei numerosi richiami presenti nella Relazione finale del gruppo di lavoro sulle linee guida Anac afferenti i Codici di comportamento.
Infatti, nella propria piccola esperienza professionale mi sono trovato a leggere Codici che erano una mera ripetizione della norma nazionale, che non si rifacevano minimamente al Piano anticorruzione adottato nell’Ente, che erano visti in funzione meramente adempimentale.
Il codice di comportamento il più delle volte viene preso in considerazione non per stigmatizzare i comportamenti dei dipendenti e sanzionarli quando violano i principi di etica, diligenza, lealtà e buona condotta ma solo nei casi di conflitto di interesse.
Troppo poco rispetto alla portata innovativa e disciplinare che questo strumento intende assolvere. Se poi, come capita, il Codice è disancorato dalla strategia di prevenzione della corruzione esistente nell’Ente e che trova il suo fulcro nel Piano anticorruzione, è giocoforza evidente che la strada da percorrere è ancora lunga e ricca di insidie. In senso opposto, invece, si collocano le nuove linee guida le quali, volendo invertire il percorso poco virtuoso avviato dalle PA, si caratterizzano per un vero cambio di passo spostando l’attenzione al cuore dell’Amministrazione, assegnando un ruolo attivo e non di semplici spettatori ai Dirigenti, ai sindacati, ai dipendenti, ai cittadini esterni. Ma di questo ne parleremo in seguito. La necessaria interrelazione tra Codice e Piano anticorruzione viene a più riprese evidenziata dal Gruppo di lavoro quando si parla della correlazione con i rischi di corruzione e malamministrazione.
A tal proposito, le nuove linee guida introducono la distinzione tra misure oggettive, indicate dalla legge e dai Piani e misure soggettive, proprie di ciascun funzionario. Su questo dualismo si gioca tutta la partita della prevenzione. La interrelazione, del resto, è già insita nella legge se vero che l’art. 54 del dlgs 165/2001 è stato modificato proprio dall’art.1 comma 44 della L.190/2012, il Dpr 62/2013 costituisce uno dei tre decreti attuativi della disciplina anticorruzione (gli altri due sono il Dlgs 33/2013 ed il Dlgs 39/2013); la mancata adozione del codice e del piano poi sono sanzionati dalla novella contenuta nell’alveo dell’art. 19 comma 5 del DL 90/2014. La stessa Delibera Anac n. 1310/2016 qualifica come affetti da nullità quei documenti programmatici privi degli obiettivi strategici e delle previsioni in materia di trasparenza amministrativa.

Del resto, mentre il Piano anticorruzione istituisce misure di tipo oggettivo, introducendo modalità tramite le quali attuare le misure (es: rotazione del personale), il codice di comportamento istituisce misure di tipo soggettivo andando a disciplinare regole di comportamento ricadenti sul singolo funzionario. Le une e le altre sono irrimediabilmente connesse, poiché il comportamento del dipendente non puo’ che sfociare in una azione che, a seconda della sua liceità o illiceità, fa scattare o meno una o più misure.
Per fare un esempio, un dipendente che sia stato rinviato a giudizio per un delitto di traffico di influenze illecite- misura di tipo soggettivo- dovrà essere spostato ad un altro settore- area che non svolga attività gestionale di rischio corruttivo, avvalendosi dell’istituto della rotazione straordinaria – misura di tipo oggettivo. Contestualmente alla rotazione, verrà avviata l’azione disciplinata per violazione con le norme del Codice.
Quindi, maggiore è il collegamento tra i due documenti e migliore sarà l’opera di prevenzione all’interno dell’Amministrazione. Pertanto, quale consiglio pratico, si è dell’avviso di coinvolgere tanti soggetti nella redazione del Codice, allo scopo di evitare che il documento venga calato dall’alto come l’ennesimo documento anticorruzione, garantendo invece quella ampia partecipazione che passando dai dipendenti, dai dirigenti, dai sindacati, dall’UPD e dai cittadini esterni all’uopo coinvolti con tavole rotonde, faccia si che il documento sia “sentito e fatto proprio” da ciascun dipendente. Con il coordinamento dell’RPCT, sarà possibile ovviamente adottare un documento valido nel tempo e soprattutto collegato a misure anticorruzione adottate dall’Amministrazione.