Il PNA torna al centro dell’agenda amministrativa degli Enti. Il punto alla luce della conversione del DL 80/2021

A cura di Nicola Dimitri Maria Porcari.

Il 9 giugno 2021 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il Decreto legge n. 80 che tra le altre cose aveva introdotto importanti novità sul fronte della prevenzione della corruzione (art. 6 lett.d). Vista da alcuni come l’azzeramento dei poteri da parte dell’Anac ed un ritorno di quei poteri in capo alla Funzione Pubblica, che il Dl 90/2014 prima ed il DM 105/2016 poi aveva posposto nelle competenze, con la conversione in legge del Dl 80, avvenuta con la l.n.113 del 6 agosto 2021, il potere di Anac torna ad essere vivo e reale se vero che, aderendo ad alcune proposte emendative fatte dall’Autorità sul testo di legge, la lett.d) dell’art. 6, è stata messa al centro dell’agenza anticorruzione tanto la disciplina anticorruzione quanto soprattutto “gli indirizzi adottati dall’Autorita’ nazionale anticorruzione (ANAC) con il Piano nazionale anticorruzione”.
Questa scelta adottata in fase di conversione da parte del legislatore, costituisce da una parte la conferma della importanza assegnata al PNA – che ora dovrà essere proposto dall’Autorità in tempi stretti stante la necessità di adottare il Piano entro il 31 gennaio (non più il 31 dicembre come stabilito in principio)- e dall’altra la possibilità che sull’intero sistema di prevenzione della corruzione e trasparenza due siano gli organi deputati a garantirne la vigilanza, seppure con poteri difformi. Pertanto, se è indubbiamente una buona notizia per gli addetti ai lavori quella di aver rimesso al centro delle politiche di prevenzione della corruzione il Piano nazionale anticorruzione, è anche vero che il ventilato snellimento cui anelava il Piano è indubbiamente menomato nel suo essere, ammesso e non concesso che si possa parlare di semplificazione mettere in un unico documento una serie di atti programmatici i cui fini, tempi e funzioni siano differenti.