Il conflitto di interessi e l’indagine di Anac: senza verifiche e controlli non si va da nessuna parte.

E’ stato pubblicato sul sito dell’Autorità Nazionale Anticorruzione una interessante indagine sulle modalità di gestione delle situazioni di conflitto di interesse nell’ambito della contrattualistica pubblica.
L’indagine, visibile al link:
https://www.anticorruzione.it/-/affidamenti-diretti-e-conflitto-d-interessi
analizza gli esiti di una verifica compiuta dall’Autorità sull’attestazione del conflitto di interessi, anche potenziale, da parte delle pubbliche amministrazioni, segnalando le criticità proprie degli Enti locali di non porre la dovuta attenzione sull’attestazione.
L’indagine risulta interessante per due motivi:

    1.  L’assenza conclamata di una attestazione relativa al conflitto;
    2.  L’attenzione alla forma più che alla sostanza.

Quanto al primo aspetto, infatti, si legge nelle conclusioni che “devono richiamarsi tutte le stazioni appaltanti al puntuale rispetto della normativa in tema di conflitto di interessi, intesa anche quale misura di prevenzione del rischio corruttivo, in particolare riferimento agli affidamenti diretti, caratterizzati dalla sostanziale assenza di confronto competitivo. In questo contesto, si ricorda in particolare alle stazioni appaltanti la necessità di raccogliere per ogni affidamento le dichiarazioni di insussistenza del conflitto di interesse del responsabile unico del procedimento. Queste dichiarazioni dovranno essere protocollate all’atto dell’accettazione dell’incarico e conservate dalla stazione appaltante, che dovrà provvedere a controllarne a campione la veridicità”.
E’evidente che né negli atti amministrativi né al suo esterno i funzionari attestino l’assenza di conflitto – potrei dire il contrario provenendo da una realtà che da dieci anni a questa parte l’ha prevista come misura di prevenzione con obbligo di richiamo da parte del Rup e del Dirigente e verifica in seno ai controlli successivi di regolarità amministrativo contabile- e questa criticità è ancor maggiore, dice l’Autorità, se si guarda agli affidamenti diretti, dimenticando in questo l’Autorità che il conflitto involge principalmente il funzionario e solo in un secondo momento l’affidatario.
Ma il secondo aspetto che più colpisce il sottoscritto è l’attenzione alla forma più che alla sostanza. Sostenere che il problema del conflitto di interessi si risolva “con la mera attestazione di forma all’interno degli atti pubblici” dimostra, ancora una volta, quanto lontano sia la strada per prevenire casi di cattiva amministrazione prima ancora che di prevenzione della corruzione. Perché più che l’attestazione cio’ che conta è il controllo sulle attestazioni recanti l’assenza di conflitti di interessi che non certo puo’ ridursi alla mera verifica dell’apposizione della clausola di stile da parte del funzionario.
La verifica, quella vera, è molto di più e passa dalla conoscenza dei rapporti di credito e debito del dipendente degli ultimi tre anni, dalla comprensione dei rapporti di parentela ed affinità, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente.
Non una invenzione ma solamente passa dall’attuazione dell’art. 7 del DPR n. 62/2013.
La comprensione di tutto cio’ presuppone un’attività acquisitiva prima ed una di verifica poi, seria e stringente, in assenza della quale il conflitto di interesse resta uno dei tanti adempimenti richiamati dalla legge 190 e privo di quel pregio giuridico che invece dovrebbe avere.
L’Autorità, in questo, dovrebbe spiegare quali siano le verifiche da effettuare, cosa andare a guardare, dove rivolgere l’attenzione, quali Organi adire.
Solo cosi’ avrebbe senso anche lo studio delle criticità che senza un seguito resterebbero lettera morta.
Questo è il motivo per cui il nuovo Codice degli appalti sposa la tesi del conflitto di interessi documentato, che personalmente non prediligo ma che certamente ha il pregio di dare ertezza all’azione amministrativa.